Riflessioni di don Ferri in esercizi
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
20 aprile 2024 * S. Agnese da Montepulciano
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Lavanda dei piediEsercizi Spirituali 2016.
Rilessione dettata a famiglie dal rettore Sac. Cesare Ferri nel corso svolto a Mecerata nei giorni 9-10 settembre 2016
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4. LA TENEREZZA EUCARISTICA di GESU’
La lavanda dei piedi
Premessa e introduzione
Nella seconda meditazione abbiamo trattato della capacità di perdonare le offese ricevute, perfino se fossero arrecate da un dichiarato nemico.
Nell’episodio che ascolteremo, Gesù si trova di fronte ad un nemico per eccellenza, di fronte a Giuda che aveva già in cuore il proposito di tradirlo, allo scopo di farlo mettere a morte.

 Non so se possa esservi un nemico più grande.
Nonostante tutto, Gesù si inginocchia anche davanti a lui, per donargli un umile e grande servizio, un gesto pieno di tenerezza, anche se, ad un certo punto, dovendo ammettere il suo peccato, dirà: “Voi siete tutti puri, ma non tutti. Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: Non tutti siete puri”.
L’episodio rivela, attraverso il gesto compiuto da Gesù, come Dio si metta a servizio dell’uomo. Un mistero che, visto e considerato a semplice livello umano, sembra paradossale e incomprensibile.
La cosa è messa in evidenza dall’espressione: “Li amò sino alla fine”, per dire che non ci poteva essere un amore maggiore.
Ascoltiamo l’episodio (Gv 13, 1-15).
Riflessione e applicazioni su alcune espressioni
1.“Durante la cena”.
L’evangelista non dice se si tratta della cena pasquale – anche se di fatto lo era - gli basta aver sottolineato che l’episodio si svolge durante una cena familiare.
Pertanto essa evoca un’atmosfera di fiducia, di intimità, di pace; ci si trova insieme perché ci si vuol bene e si desidera vivere un momento di serenità e di gioia, intorno ad una tavola.
Quale occasione migliore, per unire i cuori e le intenzioni, se non un pasto consumato insieme!
2.“Quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda di tradirlo”.
A quello che doveva essere un momento di serenità e di gioia comune, fa contrasto l’inimicizia del diavolo, pienamente condivisa da Giuda. Sappiamo che il significato etimologico di “diavolo” vuol dire “colui che porta divisione”.
È un fatto che, vuoi o non vuoi, si potrebbe ripetere in ciascuno di noi (in forma attiva); ed anche contro di noi (in forma passiva).
Cosa intendo dire con queste espressioni?
“In forma attiva”. Questo avviene, anche senza rendersene conto, quando il nostro atteggiamento ed il nostro modo di agire, porta divisioni. Soprattutto il nostro atteggiamento scontento, scontroso e critico.
“In forma passiva”. Quando noi, per causa di altri, dobbiamo portare la sofferenza per malintesi e forme di divisioni che si sono create nei confronti personali o a livello di famiglia o di gruppo.
3.“Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava”.
Gesù è ben consapevole di essere Dio, che é venuto da Dio, e che a Lui deve tornare.
È anche ben consapevole che il Padre gli ha dato tutto e che, di conseguenza, i destini delle persone e della storia sono nelle sue mani.
In forza di questa consapevolezza, poteva ben sentirsi superiore a tutti e farsi servire. Non sarebbe altro che la nostra logica umana. Qui, invece, tale logica si capovolge.
È lui che si mette a servire; non solo, ma lo fa con il servizio più umile e disprezzato che si possa immaginare, perché il compito era riservato solamente agli schiavi.
Applichiamo a noi. In qualche tipo di attività o di servizio che facciamo, ci sembra di concludere ben poco, di non essere considerati per quel che facciamo, di non ottenere i risultati che ci saremmo aspettati. La situazione potrebbe crearci un senso di frustrazione.
Eppure, tutto dipende dal grado di amore dal quale siamo mossi.
Anche le cose più semplice e ordinarie, compiute con vero spirito di amore, davanti a Dio valgono immensamente, anche se, purtroppo, sono poco considerati dagli altri.
4.“Si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano, ecc.”.
La descrizione del gesto è molto solenne, perché vengono sottolineati tutti i particolari: l’asciugamano, il catino, l’acqua, il versare, l’asciugare.
Ci pare di vedere Gesù mentre le compie con lentezza e con una dignità liturgica tale, che lascia stupiti i discepoli, quasi senza parole; solo quando giunge da Pietro, egli prorompe nell’esclamazione di meraviglia e, nel contempo, di rifiuto: “Signore, tu lavi i piedi a me?”.
 Pietro è ciascuno di noi che, di fronte al mistero di un Dio che ci ama fino a servirci, in qualche modo ci viene da ribellarci.
Come pure potrebbe farci analoga stizza quando una persona, da noi maltrattata o non considerata, ci risponde con la benevolenza ed il sorriso.
5.“Non mi laverai i piedi in eterno!”.
È comprensibile. Forse, come detto, faremmo altrettanto anche noi.
Infatti, siamo stati ben formati in questo, che cioè non deve essere Dio a fare la nostra volontà, ma siamo noi che dobbiamo comprendere e fare la sua.
Quindi, non Dio nostro servo, ma noi servitori di Dio.
Pietro non aveva ancora capito la lezione che, a suo tempo, gli era stata impartita.
A proposito, ascoltiamo il relativo brano di questa lezione (Mt 16, 21-23).
Pietro non sa che Gesù è colui che si dona, che serve, che si dà sino in fondo: “Lì amò sino alla fine”.
Applichiamo a noi. Gesù è sempre pronto a servirci. Sembra incredibile, ma è vero. Ci ama sino a servirci, sino a mettersi a nostra disposizione. Non qualche volta, ma sempre!
È pronto a servirci, sino al suo dono totale che avviene sulla croce. Il racconto della lavanda, infatti, prelude alla Croce. E Pietro, come già in precedenza si era ribellato al pensiero che Gesù potesse andare incontro alla morte di croce, anche qui si ribella ad essere servito da Gesù, nel gesto simbolico della lavanda.
Non basta, ma c’è molto di più.
Gesù si mette a nostra disposizione nell’Eucaristia, facendosi cibo.
Ci conosce e ci ama sino in fondo, sino ad entrare in noi, come cibo eucaristico, come dono del suo corpo.
6.“Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!”.
È il rischio nel quale tutti possiamo cadere. È quello di non essere persone equilibrate, ma passare da un estremo all’altro, in tante situazioni, non esclusa quella del cammino spirituale.
Da una parte, quante persone che, per compiere tante pratiche religiose, trascurano i doveri del proprio stato!
Dall’altra parte, quante persone che, prese dai troppi impegni e interessi mondani, trascurano quei mezzi che le aiuterebbero a rimanere in maggiore sintonia con Dio!
Cosa e come fare per trovare equilibrio?
Impariamo da Gesù che lo esercita nei confronti di Pietro.
Lo educa gradualmente, senza pretendere di ottenere tutto subito: “Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo”.  
Quante volte anche noi non comprendiamo l’agire di Dio, sino a rimproverarlo perché non ascolta le nostre preghiere!
Si tratta, invece, di fidarsi ed accettare la situazione del momento.
Arriverà il giorno in cui, guardando indietro, ci accorgeremo come il Signore ci ha sempre condotto sapientemente.
Sarà il momento in cui diremo grazie; ma dobbiamo imparare a dire grazie anche quando ancora non comprendiamo niente, perché dobbiamo credere che anche in quel momento ci sta amando.
Nel frattempo, però, la fiducia deve essere accompagnata dalla speranza; se non vediamo l’atteso risultato oggi, abbiamo la certezza che lo vedremo un domani.
È quello che Gesù cerca di far capire a Pietro: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. In altre parole, non vedrai il domani, non entrerai nel mio regno.
Il significato della lavanda dei piedi
Il significato è espresso nelle parole di Gesù: “Vi ho dato un esempio, perché anche voi facciate come ho fatto io. Se io, il Signore e Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni gli altri”.
In cosa consiste la donazione di Gesù? Cosa ci sta dietro?
Gesù ci ama sino a morire per i nostri peccati. Si mette al nostro posto, entra dentro di noi come se questi peccati li avesse commessi lui, assume su di sé la nostra responsabilità.
Dovrebbe essere il nostro pensiero ogni qualvolta riceviamo l’Eucaristia.
Dovremmo pensare: ecco che Gesù dona in suo corpo per noi. E’ la prova fisica che ci sta dando il suo corpo, cioè che ci ama.
È il segno irrefutabile dell’amore di Dio per ciascuno di noi.
Concludendo, cosa possiamo dare a Gesù in cambio di ciò che lui ha fatto per noi?
La prima è quella che stava molto a cuore a don Alberione.
È la visita eucaristica, è l’adorazione eucaristica. È mettere a sua disposizione un po’ del nostro tempo.
La seconda è quella di partecipare alla Messa, nel limite del possibile, come centro della giornata.
Il terzo modo è quello di chiedersi se c’è qualcosa, nella nostra vita, che Gesù vuole e che ci costa dargli.
Potrebbe essere proprio questo il proposito degli esercizi, consigliabile ed utile da mettersi anche per iscritto.
Sarà un difetto che dobbiamo vincere, sarà una ripugnanza che dobbiamo superare, sarà un’antipatia o un malumore da lasciar cadere, sarà qualche altra cosa.
Tutto questo può essere un dono a Gesù, un modo per rispondere a quell’amore che il racconto della lavanda dei piedi ci ha fatto comprendere.

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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