Esercizi Spirituali 2017
Rilessione dettata a famiglie dal rettore Sac. Cesare Ferri nel corso svolto a Roverè Veronese nei giorni 16-17 giugno 2017
4.VIENI IN MACEDONIA - lo Spirito ci guida
(Testo base di riferimento At 16,1-15)
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Introduzione
Se siamo chiamati a fare apostolato, c’è un metodo?
Per andare incontro a chi ancora è lontano, o non è ancora maturo per accogliere pienamente la Verità di Dio, si può assumere un atteggiamento tale che farebbe sembrare di rinnegarla?
Lo vedremo nella riflessione che stiamo per fare.
Ovviamente, quando parliamo di apostolato, non si intende solo quello dell’azione, ma anche quello manifestato attraverso il nostro stile di vita, cioè quello di vivere con coerenza nella fede che professiamo, e questo sia in famiglia, che nell’ambiente di lavoro o nei luoghi in cui potremmo trovarci.
Il testo ascoltato ci presenta una delle diverse modalità di comportamento in situazioni analoghe. Questi comportamenti hanno origine e sono sorretti da una medesima fonte, quella del farci guidare dallo Spirito Santo.
Di fatto, lo Spirito Santo spesso impedisce di realizzare i nostri progetti, anche se per se stessi sono buoni, proprio come abbiamo letto e ascoltato: “Lo Spirito Santo aveva loro impedito di proclamare la Parola nella provincia dell’Asia”.
Quindi non è detto che, nell’esercizio dell’apostolato, si debbano sempre raccogliere frutti secondo le nostre prospettive e attese. Inoltre, non possiamo ignorare che nel bene compiuto vi sia mescolata, con colpa o senza colpa, anche la zizzania.
Pertanto, non possiamo eliminare difficoltà e insuccessi sia nella crescita spirituale della nostra vita, sia nel compimento dell’apostolato!
Ed inoltre, essere capaci di attendere, guai a voler estirpare anzitempo la zizzania!
Riflessioni sui passaggi del brano ascoltato
Riflettiamo sulle varie situazioni del viaggio apostolico di Paolo e sulle varie problematiche, proprio allo scopo di avere un modello di comportamento.
Innanzitutto, c’è la questione della circoncisione. Come dicevamo nella precedente riflessione, la comunità cristiana doveva ancora liberarsi dai legami con la legge mosaica; nel nostro caso, da quello di avere la convinzione che, per essere salvati, sia necessaria la circoncisione.
Eppure, in questo caso, Paolo sembra che lo ignori, non è in linea con i principi da lui stesso sostenuti e messi in pratica in altre circostanze. Questa volta fa circoncidere Timoteo: “Paolo volle che partisse con lui, lo prese e lo fece circoncidere a motivo del Giudei che si trovavano in quella regione”.
Se Paolo è assolutamente contrario alla circoncisione, perché in questo caso non è coerente e la permette?
È lui stesso a dirlo: “A motivo dei Giudei”.
Timoteo, infatti, è un esempio di fervente cristiano proveniente da una famiglia ove la madre è ebrea e il padre è greco; chiaramente porta in sé questa dualità, questa tensione delle due culture.
Un caso analogo, che riscontriamo nella lettera ai Galati, è quello riferentisi a Tito, nel quale Paolo usa un diverso comportamento.
In quella occasione, Paolo dice che, quando salirono a Gerusalemme, Tito non fu fatto circoncidere. Lo dice pure con un tono di vanto, proprio perché sosteneva che tale pratica non era necessario per la salvezza.
Se quella volta ha agito in un modo ed ora in altro modo, non è incoerenza?
Assolutamente no! Non è neppure una contraddizione.
È, invece, un esempio di accettazione dell’altro e di accondiscendenza nei suoi confronti, proprio per il suo bene.
Si tratta, pertanto, di leggerne i motivi e considerare le conseguenze che ne potrebbero derivare.
Paolo ad Antiochia, nel caso di Tito, si era impuntato perché temeva che ne derivassero conseguenze scorrette. In questo caso, invece, pensa che non sia il caso di impuntarsi. Non ci sono possibilità di errori, e allora generosamente va incontro alla situazione, proprio per non creare grane, per non fomentare discussioni.
Pertanto, se lo ha fatto circoncidere, non è stato perché fosse necessario allo scopo della salvezza, ma per convenienza. In fondo, la circoncisione se non è necessaria alla salvezza, non è neppure una cosa fatta male.
La convenienza, infatti, non sempre si oppone alla sconvenienza; conveniente vuol dire rispettare la sensibilità altrui, in attesa che si maturi e giunga col tempo a comprendere la verità oggettiva.
Se siamo liberi di fare una cosa o un'altra, ammesso che ambedue fondamentalmente non sono cattive, dobbiamo scegliere quella che al momento è più consona e non ferisce l’altro, proprio per essere in linea con la carità.
Nel caso specifico, il farlo circoncidere è per non escludere gli Ebrei, appunto perché la salvezza è per tutti.
Quante volte potrebbe succedere qualcosa di simile anche a noi, quando per un bene maggiore, siamo come costretti a venir meno a certi propositi, buoni ma non essenziali!
Quante volte, sempre per vero amore, dobbiamo passar sopra a certi difetti e comportamenti del prossimo, tanto più se anche in questo caso non ledono i valori fondamentali!
Non possiamo dimenticare che la carità è al di sopra di tutto.
I progetti siano in sintonia con lo Spirito
Introducendomi ho detto che siamo condotti dallo Spirito.
L’evangelizzazione e l’apostolato, infatti, non sono un progetto umano, ma sono opera di Dio che vuol servirsi di noi secondo il suo disegno, e con il quale noi vogliamo collaborare.
Il progetto di Paolo sarebbe stato quello di evangelizzare l’Asia minore. Lo ha progettato, ma tutto salta, perché lo Spirito vuole che egli raggiunga l’Europa.
Applichiamo a noi. È inutile fare progetti solo umani. Bisogna farli, ma il vero progetto da scoprire consiste nell’avere gli occhi aperti sulla realtà delle cose e delle persone, sotto la luce dello Spirito Santo.
Come è importante per tutti e soprattutto per genitori e nonni, avere questo sguardo nel confronto dei figli e dei nipoti! Come dovremmo essere più comprensivi e benevoli verso di loro, pur non rinnegando la verità oggettiva del mal comportamento!
Dio non agisce solo con le nostre idee. In genere queste sono sempre la memoria di un passato e di quel che abbiamo fatto, (come si sente dire: “una volta non era così!”); oppure sono il progetto di quello che vorremmo meglio realizzare di bene per l’avvenire, sia a vantaggio nostro che degli altri.
Dio, invece, ha molta più fantasia di noi, è sempre nuovo ed imprevedibile.
Egli ci parla attraverso la realtà di ogni giorno. Quando certe strade si chiudono, è per far capire che non possiamo passare di lì; potremmo sbattere la testa per quanto vogliamo, ma esse non si aprono.
Come siamo lontani dalla perfezione, quando non sappiamo accettare certe situazioni, proprio perché non riusciamo a vederle nell’ottica della fede!
Questo sta a significare che i progetti di Dio non nascono a tavolino, non sono oggetto di studio o di cose collaudate, non sono solo opera di gente che riteniamo competente; no!
Dobbiamo imparare a leggere, anche tra le righe dei nostri fallimenti, quello che il Signore vuol insegnarci e vuole proporci.
È l’esperienza di Paolo, come ci è stata descritta; è proprio attraverso di essa che si concretizza il progetto di Dio.
Egli, dopo tanto vagare, dopo tante strade chiuse e dopo tanti impedimenti, riceve una visione notturna, un sogno. Un macedone che lo supplica e gli dice: “Passa in Macedonia e aiutaci”.
Macedonia non è più l’Asia, ma è la Grecia e quindi tutto un altro mondo. Cosa che Paolo non aveva assolutamente programmato di raggiungere.
Lui avrebbe voluto fare il giro delle comunità precedenti. Ma siccome in esse era già andato Barnaba, ora pensa di sportarsi verso la Galazia e la Vitinia.
Sarebbe andato dove mai nessuno era andato, ma ancora una volta gli è impedito, perché c’è un’altra cosa molto più importante. Ed ecco il motivo del sogno.
Come veramente lo Spirito conduce! Se nella nostra vita sapessimo leggere tutto quello che ci capita, sotto questa luce!
Come è importante, in simili situazioni, il saper riflettere in preghiera, senza eccessiva fretta, nell’attesa che giunga una luce più chiara!
Paolo si sarà certamente chiesto cosa stesse capitando con tutte queste avversità. Il sogno, pertanto, va collocato in un momento di grande tormento per Paolo, per questo innalza la sua supplica al Signore, non meno forte di quella del macedone.
Ma è proprio attraverso questo “sogno” voluto da Dio che egli riuscirà a realizzare a sua volta il proprio “sogno” - anche se di fatto per lui è ancora piuttosto limitato - quello insito nella sua vocazione, cioè quello di portare il Vangelo a tutte le genti, a tutto il mondo pagano, molto più esteso di come appare nella sua mente.
È la vocazione e missione che leggiamo in Atti, nella risposta che il Signore dà ad Anania nei riguardi proprio di Paolo: “Egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome davanti ai popoli; ed io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome”.
Da notare bene le due espressioni. L’una, che indica una missione grande ed estesa; l’altra, che nel suo adempimento non sono escluse difficoltà e sofferenze di ogni tipo.
Ebbene, tornando a considerare la lettura del testo, la Grecia è diversa dall’Asia, essa è in Europa. La cultura greca, infatti, aveva occupato tutto l’Impero romano.
Per Paolo, quindi, si apre veramente la porta definitiva per essere l’apostolo delle genti, perché l’Impero romano è il centro del mondo, con esso siamo agli estremi confini della terra, proprio come aveva comandato da Gesù: “Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo ad ogni creatura”.
Ed è bella questa Chiesa che esce da se stessa, che non si chiude nella propria area geografica, che è costretta ad attraversare il mare, ad andare altrove, proprio perché tutti siamo mandati verso gli altri.
Non si potrebbe applicare esplicitamente anche a noi?
È come se il Signore dicesse: “Ho scelto voi della Santa Famiglia perché portiate il Vangelo, cominciando dalla vostra, ma per arrivare a tutte le famiglie”.
Ogni famiglia dell’Istituto, infatti, è chiamata ad essere luce e fermento di grazia in mezzo alle altre famiglie.
Tutto considerato, anche per noi non è poi così facile, ma ci conforta l’espressione già meditata: “Non temete, io sono con voi!”.
Come nasce il cristianesimo in Europa
Vediamo ora come nasce la prima comunità di Europa. È tutta al femminile, anche se incomincia con Paolo ed i suoi collaboratori, ma sono poi le donne a costruire.
Ecco che appare Lidia, è la prima convertita d’Europa.
Incontrandosi con Paolo e compagni, Lidia sente che il Signore le apre il cuore per aderire alle loro parole.
Anche qui, come nel caso del pagano Cornelio, è Dio che apre alla nuova fede questa donna pagana, spiritualmente vicina al giudaismo.
La casa di Lidia si trasforma in chiesa domestica, la prima in Europa.
Il battesimo a tutta la famiglia - cioè ai familiari, dipendenti e servi - lascia intuire qualche cosa del ruolo e della influenza di Lidia. L’intraprendenza e generosità di questa donna appena convertita vincono le resistenze dei missionari che alla fine accettano di essere ospitati nella sua casa.
Con questo episodio Luca ci ha fatto scoprire un nuovo ambiente e metodo di evangelizzazione al di fuori della cornice dei grandi discorsi programmatici tenuti in un’assemblea liturgica e nelle aree di catechismo.
Si tratta di un incontro casuale lungo un fiume, si tratta di una conversazione con alcune donne con uno sviluppo imprevisto: la conversione e battesimo di un’immigrata benestante e influente.
A quanto pare, allora, non è il metodo, il luogo, i discorsi o i contenuti della predicazione che contano ai fini della conversione, ma l’opera del Signore che prepara il cuore ad aderire alle parole dei missionari.
È proprio questo tipo di apostolato che siamo chiamati a fare. È quello – come dicevo pocanzi – di essere soprattutto fermento nella massa.
La garanzia per la raccolta dei frutti, anche se non sempre visibili ai nostri occhi, è la presenza dello Spirito Santo. Come abbiamo proprio bisogno di invocarlo continuamente!
Infatti, chi siamo noi se manca lo Spirito?
Ed allora, per concludere, siamo chiamati ad applicare il principio: “Fare tutto con il massimo impegno, come se il tutto dipendesse da noi, ma nel contempo essere profondamente convinti che non possiamo fare nulla senza lo Spirito.
Esso è la linfa che dalla vite passa al tralcio. L’importante è che veramente noi rimaniamo uniti a Cristo, come tralci sono uniti alla vite".
È vero! Gesù ci tiene a sottolinearlo: “Senza di me non potete fari nulla”.