Riflessioni dettate dal Rettore alle famiglie riunite in ritiro l'8 settembre 2013 presso il Santuario San Giuseppe in Spicello di San Giorgio di Pesaro
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Gesù, in quanto concepito per opera dello Spirito Santo, è vero Dio; in quanto nato da Maria, è vero uomo.
Lascio a voi la possibilità, durante lo spazio di tempo che segue il mio intervento, di riflettere sul suo profilo umano ed, in particolare, sul suo modo di vestire, sul suo comportamento, sulla sua abitazione, sulla sua vita nomade, sulla bellezza del suo volto: tutto questo lo trovate sulla prima parte degli appunti che avete in mano.
Qui prendiamo solo uno di questi aspetti.
Siccome la serenità del volto rivela la bellezza interiore della persona, voglio soffermarmi a contemplare con voi tale volto, per entrare nella sua interiorità ed imparare ad imitarlo.
La bellezza del volto interiore di Gesù, come uomo, si manifesta in tre ambiti: nel saper fare silenzio: esso porta anche a saper tacere; nel saper parlare: a parlare nel tempo opportuno; nel saper pregare: quella che ci mette in stretta relazione con il Padre.
Questi tre ambiti sono le tre spie che manifestano la maturità di una persona.
Allora ci interessano veramente. Pertanto, per scoprire se siamo persone mature, puntualizzando alcuni aspetti.
Sapere fare silenzio.
Purtroppo, è facile aver paura del silenzio, perché ci fa entrare in noi stessi. Questo rientro in noi stessi non lo vogliamo: ci disturba, ci fa scoprire quello che realmente siamo; insinua il timore di dover cambiare qualcosa, di doverci convertire; ci mette il sospetto di scoprire una vocazione diversa da quella che ci siano prefissata.
Di conseguenza, meglio vivere tra il chiasso, così ci distraiamo e non ci pensiamo.
Gli esercizi e ritiri spirituali sarebbero tempi privilegiati per questo esercizio di silenzio. Ma anche in questi esercizi, ammesso che vi partecipiamo con serietà, quanto è difficile creare e mantenere il vero tipo di silenzio!
Le difficoltà cominciano ancor prima di partire da casa.
Si affacciano e si riscontrano mille difficoltà, mille tentazioni, anche se non sempre cercate e volute.
Poi, per giustificarsi e tacitare la coscienza, si trovano anche mille scuse, sia per non partecipare affatto, sia per partecipare a tempo parziale, e soprattutto per non valorizzare i momenti del rientro in se stessi, allorquando, dopo l’ascolto, è giunto il momento di mettere in pratica il vero silenzio necessario per la riflessione.
Presento alcuni ostacoli che impediscono il vero silenzio interiore.
Pensare inutilmente il passato.
Rimuginare il ricordo del male fatto e dei peccati commessi; il rimuginare i torti ricevuti, quali, ad esempio, il sentirsi vittima di ferite psicologiche subite; il non essere stati abbastanza amati dai genitori, dagli insegnanti, dai catechisti, dai superiori; il non essere stati sufficientemente considerati per quello che eravamo, e così via.
Che fare, allora?
Prima di tutto, dobbiamo sapere o riscoprire in cosa consista il male e il peccato.
Il male non è qualcosa, ma è “la mancanza di qualcosa”; come il buio non è qualcosa, ma è “la mancanza di luce”.
Il peccato, allora, non è altro che “la mancanza della luce e dell’amore di Dio”.
Cosa fare per uscirne?
Per similitudine, come nulla si risolverebbe lamentandosi del buio: basterebbe cliccare l’interruttore; così nulla si risolve rimuginando il passato: basterebbe cliccare per avere relazione con Dio.
Basterebbe fare il vero silenzio per ascoltare Lui e riflettere sulla sua Parola. Sperimenteremmo la sua vicinanza e la sua misericordia: questo è tutto e risolve tutto.
Con il silenzio riflessivo ci accorgeremmo quanto Dio ci ama, ci abbandoneremmo alla sua bontà, e potremmo renderci conto che “tutto concorre – come dice san Paolo - al bene di coloro che Dio ama”.
Paolo, dopo avere espresso la citata frase, aggiunge: “Dimentico del passato, sono proteso in avanti”.
Allora abituiamoci a non guardare il passato, fosse stato anche il più brutto possibile; partiamo dall’oggi e guardiamo in avanti.
Questo non solo relativamente alle proprie responsabilità, ma anche per quello che riguarda le offese e i torti ricevuti dagli altri e, soprattutto, per la mancanza del loro amore.
Altra cosa importante è disciplinare la curiosità.
Soprattutto quella sul comportamento degli altri, cosa che, a sua volta, porta alla mormorazione e alla detrazione.
Se non teniamo a bada questo aspetto, vivremmo in una grande superficialità, cosa che non ci permette di rientrare in noi stessi.
A questo punto vale la pena citare una espressione, molto incisiva, di Santa Teresa: “Se vuoi conservare limpido lo specchio della tua anima, non permettere che lo turbi il pensiero inutile del prossimo.
Se non sei incaricato del comportamento altrui, non cercare di sapere cosa fanno; non formulare giudizi interiori nei loro confronti, soprattutto circa i loro difetti o le loro colpe.
Prega perché Dio sia amato e servito da tutti. Sta in pace quando gli altri non sono quel che devono essere: fa in modo di esserlo tu”.
Evitare anche la personale curiosità.
Essa è presente quando ci carichiamo di preoccupazioni, in maniera eccessiva.
Si tratta ancora di compiere l’abbandono confidente nelle mani di Dio. Solo nel silenzio riflessivo possiamo comprendere qual è il momento in cui Dio ci chiama ad agire per trasformare la realtà che ci ha consegnato: è inutile mettere il carro avanti ai buoi.
Se non c’è questo comportamento, arrivano altre cose deformi, nate dalla preoccupazione stessa, che, a loro volta, la alimentano ancora di più: entreremmo in un vortice.
Saper tacere.
Non significa il “non parlare”, ma il “saper parlare”: parlare a tempo opportuno, non d’istinto, ma previa riflessione, come ha fatto Gesù di fronte a Pilato.
La capacità del “saper parlare” segue, ovviamente, quella dell’aver saputo “fare silenzio”, che, a sua volta, ci ha abilitato a matura riflessione.
Comunque non mi fermo sul saper parlare. Dagli appunti vedete le qualità del parlare di Gesù.
Voglio, però, sottolineare un aspetto: l’importanza del parlare sincero, cioè della coerenza tra parola e comportamento, bandendo ogni ipocrisia, come Gesù ebbe spesso da rimproverare ai farisei perché “dicevano ma non facevano”.
E’ questa la vera “bugia”, mentre noi spesso diamo più importanza all’altro tipo di “bugiole”.
Quanto questo principio, di coerenze tra parole e vita, è importante nella educazione dei figli!
Valorizzare la quotidianità.
Si tratta di valorizzare quell’ “oggi” che nella Bibbia ricorre 406 volte.
Gesù lo ha vissuto per trent’anni, nella così detta “vita nascosta”.
Questa vita nascosta, di trent’anni, ha avuto valore tanto quella dei tre anni di “vita pubblica”.
Pertanto, neppure noi possiamo dire che la nostra vita monotona di tutti i giorni, senza nulla di straordinario, non abbia valore.
Si tratta di farci aiutare, sempre dal silenzio riflessivo, per vivere bene, con amore, quel momento che stiamo vivendo.
Era quanto Don Alberione inculcava insistentemente: “Fare le cose ordinarie in modo straordinario”, cioè con amore.