Riflessioni di don Ferri in ritiri
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
16 ottobre 2025 * S. Margherita Alac.
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Trittico Crocifisso Tabernacolo san Giuseppe dal 2014   Riflessione dettata dal rettore alle famiglie riunite in ritiro il 12 ottobre 2014 presso il Santuario San Giuseppe in Spicello di San Giorgio di Pesaro Testo base: 2Tm 1,1-9.12-14
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Svolgiamo questo incontro dividendolo in due parti.
La prima parte è a modo di riflessione, la seconda a modo di istruzione.
In questa prima parte do semplicemente alcuni input sul tema di oggi. Poi, lo approfondirete leggendo e riflettendo sulla dispensa che avete in mano.
Quando Paolo invita Timoteo a ravvivare il dono, intende quello della sua ordinazione episcopale.

Rivolto a voi, famiglie qui presenti, riguarda il dono del Battesimo, del Matrimonio e della Consacrazione nell’Istituto Santa Famiglia.
Sono tutti “beni preziosi”. Si tratta di custodirli, di maturarli sempre più, di trasmetterli a chi il Signore vi ha affidato. Paolo lo afferma con queste parole: “Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato”.
Eloquente, a tal proposito, sono le precedenti parole: “Mi ricordo della tua schietta fede, che ebbero anche tua nonna Loide e tua madre Eunice, e che ora, ne sono certo, è anche in te”.
Quanta importanza hanno, dunque, i nonni e i genitori!
Quanto è importante la coerenza in una fede vissuta dagli uni e dagli altri!
Cosa c’è da fare?
Nel matrimonio si tratta di saper vivere il dono della paternità e maternità responsabile. Esso non si limita all’aspetto che tocca l’esistenza terrena del figlio, ma prosegue. Si tratta di saperlo educare alla fede, per farlo giungere alla vita eterna.
Questo aspetto, per la vostra riflessione, è sviluppato nel punto B) della dispensa.
Lo farete poi, personalmente o come coppia, davanti all’Eucaristia.
Il successivo punto C), da parte sua, sviluppa un altro tema importante, legato alla fede.
Si tratta di “maturare i figli all’amore”.
Anche in questo caso, non si può trasmettere quello che non si possiede.
Se questo amore manca nella coppia, nei genitori e nei nonni, cosa si trasmette?
Dico qualcosa, in proposito.
Noi abbiamo il vero amore, quando lo viviamo in pienezza; quando, cioè, integriamo, nella giusta gerarchia, i tre elementi di cui è composto l’amore, come ci ricorda Benedetto XVI nella enciclica “Dio è carità”.
Chiaramente, si tratta di maturarsi e crescere, per raggiungere la pienezza dell’amore.
La maturazione umana avviene nel passaggio dall’eros (l’amore erotico) e dalla philia (l’amore di amicizia), per arrivare all’agape (l’amore altruistico).
Ricordiamo in breve il significato dei termini.
“Eros”: è l’amore che tende a possedere l’altro. È frutto di egoismo. Considera l’altro non tanto come persona, che merita ogni rispetto e attenzione, ma considerato tutto per sé, quale strumento per soddisfare le proprie voglie e i propri interessi.
Questo è abbastanza comprensibile nel primo momento di incontro tra uomo e donna, ma non può fermarsi lì. Ha bisogno di essere educato ed elevato. Chiaramente, se c’è solo questo tipo di amore, non si può parlare di castità coniugale; anzi, diventa una delle principali cause che portano alla crisi dei matrimoni.
“Philia”: è l’amore di amicizia che porta a scegliere l’altro. Anche Gesù aveva degli amici. Chi trova un amico – dice ancora la Bibbia – trova un tesoro. Nulla da dire. A condizione, però, che non ci si chiuda agli altri e, quindi, ci faccia superare l’egocentrismo. Altrimenti, ogni piccola cosa diventa motivo di alterchi e litigi, e non si vive la carità.
“Agape”:
è l’amore che è capace di accogliere pienamente l’altro; che lo sa comprendere e che lo perdona sempre, rimanendogli fedele; che si dona a lui gratuitamente da non pretende alcun contraccambio. Dio ama così. È, quindi, l’amore che ci fa simili a Dio e che ci fa entrare nel suo Regno.
Pertanto, solo l’agape è il fondamentale servizio per maturare al vero amore i figli, i nipoti e qualsiasi altra persona; una maturazione che non può fare a meno della testimonianza, appunto perché le parole servono, ma solo se accompagnate dall’esempio di vita.
Allora, meno parole e meno assillanti richiami. Devono vivere dentro un clima sano, libero e gioioso. Solo l’atmosfera che trovano nel vivere in casa, li aiuterà a disinfettarsi dai veleni che aspirano nella scuola e nella società.
Pertanto, occorre essere consapevoli che i figli non hanno, come esigenza prioritaria, di essere amati dai genitori; hanno bisogno, invece, di costatare che papà e mamma si amano veramente.
Ora, nel vivere l’agape non viene annullato o disprezzato l’amore erotico. L’attrazione è dono di Dio e il gesto, che si qualifica nel matrimonio, va vissuto come celebrazione dell’amore.
Così pure, nessuna squalifica della philia, dell’amore che porta a scegliere e che ci fa stare bene vicino ad alcune persone.
Il guaio è un altro: quello di fermarsi solo all’eros o alla philia.
Lo sviluppo, per riflettere su questo argomento, lo trovate nel punto C).
Passiamo ora alla seconda parte

Una parola sui ministri nella liturgia della Chiesa
ed in particolare sui lettori e sul loro abito

Dono è anche esercitare il ministero di lettore, tra cui diversi sono qui presenti. Per voi, dunque, ma anche per gli altri, al fine di avere idee più chiare in proposito.
Prima di entrare sul vivo dell’argomento, faccio delle premesse.
Alcuni ministri hanno origine dall’Ordine sacro: vescovi, presbiteri, diaconi. Il loro segno distintivo è la stola, diversamente indossata dai presbiteri e dai diaconi.
Altri ministri hanno origine dal Battesimo: accoliti, lettori, salmisti, guide per l’animazione liturgica, animatori del canto, ministranti (detti anche chierichetti), ministri straordinari della comunione.
I lettori sono, innanzitutto, quelli “istituiti”. Essi hanno ricevuto il mandato dal vescovo, attraverso un rito particolare e che, una volta ricevuto, non ha scadenza. È riservato ai soli uomini.
Poi ci sono i lettori che ricevono il “mandato” temporaneamente. Lo ricevono dal vescovo, oppure per sua delega. Possono essere uomini e donne.
A questi, possono aggiungersi coloro che esercitano il ministero “di fatto”. Sono coloro che non hanno un incarico ufficiale. Esercitano il ministero con più o meno esplicita permissione del parroco, oppure del celebrante.
Fatta questa premessa, veniamo a noi.
Nelle celebrazioni domenicali e festive, svolte in questo Santuario, da un paio di anni, esercitano il ministero alcuni lettori che, per iniziativa del Santuario stesso, hanno partecipato ad un minicorso di preparazione. Successivamente sono stati presentati alla comunità ed hanno ricevuto il mandato ufficiale dal rettore, con il permesso e l’autorizzazione del Vescovo.
I partecipanti si sono qualificati per esercitare il ministero nella propria parrocchia. Di conseguenza, non tutti coloro che hanno partecipato al corso, fanno servizio in Santuario.
Chi, invece, si è reso disponibile, esercita il mandato nelle messe domenicali e festive, con turno prestabilito. Però, appartenendo a diverse parrocchie ed esercitando servizi vari nella propria comunità, non possono essere coinvolti con eccessiva frequenza, per cui c’è necessità di individuarne altri.
Questo, mi sembra possibile anche all’infuori di coloro che hanno partecipato al corso di preparazione. Basta tener presente la formazione e le qualità richieste. Essi, a giudizio del rettore, possono essere inseriti nell’apposito elenco di turnazione.
Dal sei gennaio scorso, hanno iniziato a indossare anche la veste liturgica, consistente nel camice. L’iniziativa è partita dal parroco di San Giorgio che, in quel giorno, ha celebrato in Santuario la festa dell’Infanzia missionaria, con i fanciulli del catechismo di San Giorgio e Piagge.
Il rettore si è trovato d’accordo con la proposta, tant’è che ha ritenuto opportuno mantenerla per ogni domenica e festività dell’anno.
Ora, se come detto sopra, il servizio ha origine dal Battesimo, appare più chiaro che il camice richiama la veste battesimale, la quale è stata ricevuta con queste parole: “Questa veste bianca sia segno della tua nuova dignità”.
La veste del lettore, pertanto, intende sottolineare tale dignità di battezzato, soprattutto nel momento in cui si mette a servizio della parola di Dio. Ripeto, i lettori, direttamente, non fanno un servizio alla comunità, né tanto meno al prete, ma alla Parola di Dio. Sono strumenti di Dio di cui si serve per arrivare ai singoli e alla comunità in ascolto.
Analogamente a tanti servizi di ordine civile e sanitario: nel momento del servizio hanno una propria divisa o un certo tipo di abito.
Sin qui, a livello di principio.
Ora, potrebbe sorgere una domanda di ordine pratico.
I lettori, nell’esercizio del loro mandato, sono proprio obbligati a indossare il camice, oppure è facoltativo?
Non ci sarebbe obbligo stretto; però, per i motivi sopra descritti, è più che opportuno, anzi si presenta come auspicabile e come meta da raggiungere, atteso il pensiero della Chiesa, come di seguito sarà specificato.
Comunque, non va dimenticato che vi è una cosa ancor più importante da tener presente, ancor prima della veste.
Conosciamo il proverbio che dice: non è l’abito a fare il monaco. Questo vale anche per il nostro argomento.
Infatti, prima dell’abito, ci sono altre qualità che deve possedere il lettore. Esse sono: la vita di preghiera, la conoscenza della Sacra Scrittura, la buona testimonianza di vita cristiana.
Tra queste qualità, dobbiamo aggiungere anche quelle necessarie al momento: il modo calmo e dignitoso nell’accedere all’ambone; l’invocazione rivolta allo Spirito Santo a cui si presta la voce; il saper attendere che l’assemblea sia seduta, sia raccolta e sia pronta per l’ascolto; la corretta dizione e che sia una proclamazione, con le dovute pause; l’appropriato uso del microfono e così via.
Ed ora, un’altra domanda.
Qual è l’orientamento della Chiesa in merito all’abito?
Ho fatto una ricerca.
In tutti i documenti, ovviamente ed anzitutto, si sottolineano le qualità spirituali e morali della persona.
Documento pontificio “Ministeria quaedam”.
Al n. 5 dice: “Per adempiere con maggior esattezza e capacità i suoi compiti, il lettore procuri di meditare assiduamente la Sacra Scrittura”.
Rito di incarico dato ai lettori istituiti.
Nel rito il Vescovo fa queste raccomandazioni: “Nel compiere il vostro ufficio, in piena docilità allo Spirito Santo, sappiate accogliere in voi stessi quella divina parola che annunziate agli altri: meditatela con assiduo fervore per acquistarne ogni giorno una conoscenza più viva e penetrante, e con la vostra vita rendete testimonianza a Cristo Gesù”.
Introduzione posta all’inizio del messale.
Al n. 66.
Dice: “Il lettore è istituito per proclamare le letture della sacra Scrittura, eccetto il Vangelo; può anche proporre le intenzioni della preghiera universale e, in mancanza del salmista, recitare il salmo interlezionale.
Perché i fedeli, ascoltando le letture divine, maturino nel loro cuore un soave e vivo amore della sacra Scrittura, è necessario che i lettori incaricati di tale ufficio, anche se non ne hanno ricevuto l’istituzione, siano veramente idonei e preparati con impegno”.
Ho cercato pure qualche documento che avesse parlato espressamente di abito liturgico.
Non ne mancano.
Ne cito qualcuno.
Introduzione all’inizio del messale.
Al n. 81. Dice: “In sagrestia si preparino le vesti sacre del sacerdote e dei ministri; per i ministri il camice o altre vesti legittimamente approvate”.
Al n. 82. Dice: “Quando il popolo si è riunito, il sacerdote e i ministri, vestiti delle vesti sacre, si avviano all’altare”.
Al n. 298. Dice: “La veste sacra comune a tutti ministri di qualsiasi grado è il camice, stretto ai fianchi dal cingolo, a meno che non sia fatto in modo da aderire al corpo anche senza cingolo”.
Diocesi di Torino, ripreso anche da quella di Gaeta.
Ambedue le diocesi sottolineano le qualità spirituali; non fanno obbligo della veste, ma usano l’espressione di “eventuale veste bianca”.
Tale espressione è motivata dal testo che ora cito. Esso dice: “La mensa della Parola è così importante che non può essere affidata all’ultimo momento, al primo che capita.
Il riconoscimento di questo ministero all’interno della celebrazione, che si manifesta attraverso la processione di ingresso, nel luogo in cui ci si siede, nell’eventuale veste bianca (là dove si è sufficientemente al sicuro da certe ansie di protagonismo che colpiscono anche i laici), è in realtà tutto relativo alla Parola, di cui il lettore è umile ministro, esposto tra la necessità di coinvolgersi totalmente perché la Parola sia viva ed efficace e di espropriarsi di sé, scomparendo dietro la Parola”.
In altre parole, come detto pocanzi, il lettore non fa un servizio alla comunità, ma innanzitutto fa un servizio alla Parola stessa: “scomparendo dietro la Parola”.
Diocesi di Cagliari.
Essa tocca, innanzitutto, alcuni compiti del lettore: “Il ministero del lettore non si limiterà alla sola proclamazione della parola di Dio, ma dovrà esercitarsi anche nell’animazione liturgica e soprattutto nella catechesi; né si ridurrà al solo aspetto cultuale, ma abbraccerà l’intera vita della comunità”.
Poi espressamente aggiunge: “Nella sacra liturgia il lettore indosserà la veste liturgica”.
Diocesi di Bologna.
Tra l’altro dice:
“Chi compie un ministero nella celebrazione liturgica eviti ogni trasandatezza e faciloneria nell’abito. I ministri istituiti e i ministranti usino il camice”.
Diocesi di Caserta.
Ecco cosa dice: “Nella processione all'altare, in assenza del diacono, il lettore, indossata una veste appropriata, può portare l'Evangelario un po' elevato; in tal caso procede davanti al sacerdote; altrimenti, incede con gli altri ministri”.
Diocesi di Trani.
Sembra che voglia sottolineare, con l’espressione “senza amitto e cingolo”, che la veste sia su misura, e quindi personale: “L’abito liturgico proprio per il lettore è il camice senza amitto e cingolo”.
Sin qui le diocesi. Ma c’è la voce anche delle parrocchie. Ne cito due.
Parrocchia Sant’Andrea Apostolo in diocesi di Rimini.
Dice di: “Esercitare il ministero rivestito della veste liturgica, partecipando alla celebrazione fin dall’inizio e partecipando alla processione di ingresso”.
Parrocchia di San Lazzaro in diocesi di Gallipoli.
Tra l’altro dice che: “E’ importante far indossare le vesti liturgiche ai lettori”.

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