Omelia delle domeniche e feste Anno C
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
11 dicembre 2025 * S. Damaso I papa
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Anno C Battesimo del SignoreTesti liturgici: Is 40,1-5.9-12; Sl 103; Tt 2,11-14;3.4-7; Lc 3,15-16.21-22
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Abbiamo concluso la lettura evangelica con l’espressione: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”. Queste parole ci introducono nel cuore della festa odierna.

    Se il Natale e l’Epifania sono serviti soprattutto a renderci capaci di vedere, aprendo gli occhi ed il cuore al mistero di un Dio, che Egli è venuto ad abitare in mezzo a noi, la festa del Battesimo di Gesù ci introduce, potremmo dire, alla quotidianità del nostro rapporto con il Signore.
    Solo due evangelisti su quattro ci raccontano della nascita di Gesù, tutti e quattro, invece, ci parlano del suo battesimo.
    Anche questo episodio è una Epifania – le parole riportate lo attestano – ma con un significato ed un valore più profondo e che tocca più da vicino la nostra vita quotidiana.
    Cosa ha da dirci in proposito?
    Il valore teologico del racconto del battesimo, sta nelle poche parole con cui si apre il racconto stesso: “Il popolo era in attesa”. Era ancora in attesa del Messia, che stavano per identificare con Giovanni: “Si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo”. Nell’opinione pubblica, pertanto, Gesù era considerato meno di Giovanni, uno come gli altri. Cosa avevano capito della sua nascita e della sua missione? Era pertanto necessario questo episodio.
    Ebbene, per farlo capire, anche lui si mette in fila con i peccatori – lui senza peccato – come a voler prendere su di sé i peccati di tutti gli uomini, cosa che di fatto farà. Ed è quello che vuole il Padre; per questo pronuncia le parole: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”.
    L’episodio manifesta pubblicamente chi è Gesù, indica la sua missione e dà inizio ufficialmente al suo ministero pubblico.
    Oggi siamo particolarmente chiamati a fare memoria del nostro battesimo. In esso anche per noi Dio ha pronunciato: “Tu sei mio figlio, in te mi compiaccio, ti faccio erede del mio regno: compi la tua missione di far conoscere a tutti l’offerta della mia salvezza e il mio amore misericordioso”.
    In questo momento, su ciascuno di noi, può ancora pronunciare le stesse parole?
    Esse rimangono valide se ci manteniamo fedeli, se ci impegniamo ad evitare il peccato, se ci mettiamo nell’atteggiamento di ascoltare la sua parola e metterla in pratica, se siamo testimoni del suo amore. Se, per ipotesi, ci fossimo allontanati da lui, non per questo il Signore lo ha segnato al dito, perché rimane fedele alla parola; sta a noi ritornare a lui. Non si tratta di fare chissà che cosa, ma fidarci di lui, accogliendo la sua salvezza che ci è donata, senza nostro merito. A tal proposito abbiamo ascoltato: “Egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo”.
    Quando, entrando in chiesa o nelle nostre famiglie, ci segniamo con l’acqua benedetta, vogliamo esprimere proprio questo, cioè vogliamo fare memoria del nostro battesimo, riconfermando l’adesione. Il gesto, fatto con consapevolezza, con fede e con il pentimento, ci purifica dal peccato, ci ottiene lo Spirito Santo, ci apre il cuore a comprendere la Parola di Dio, aiuta a vivere in pace nella famiglia, ci rende più degni di partecipare alla liturgia che seguirà. Capite che, compreso questo, diventa superfluo segnarsi uscendo di chiesa, come abitualmente si usa fare da alcuni: non sarebbe più necessario perché si suppone che, partecipando alla liturgia, abbiamo tolto il peccato e siamo cresciuti nella grazia.
    Oggi rinnoveremo comunitariamente le promesse battesimali e, al posto del credo abituale, professeremo la nostra fede.
Sac. Cesare Ferri, rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

 

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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