Omelia delle domeniche e feste Anno C
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
18 ottobre 2025 * S. Luca evangelista
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Terza Pasqua C MoltiplicazioneTesti liturgici: At 5,27-32.40-41; Sl 29; Ap 5,11-14; Gv 21,1-19

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È uno dei racconti relativi alle apparizioni di Gesù Risorto. Si tratta di una narrazione ad alto valore simbolico: nei vangeli la pesca è sempre immagine di una verità profonda.

Cosa vuol dirci?

Ci dice che nella vita non bisogna scoraggiarsi e, se ciò accadesse, ci insegna come poterne uscire.

Questo valeva per i discepoli coinvolti nel racconto, cosa bene espressa all’inizio dell’episodio ascoltato. Infatti, è come se avessero ragionato così: “Visto che Gesù, a suo tempo da noi seguito, ora non c’è più, non perdiamo tempo e torniamo al nostro mestiere di sempre”. Pietro è il primo a dirlo: “Io vado a pescare”. E gli altri: “Veniamo anche noi con te”.

Vale anche per i cristiani della seconda generazione, nel tempo in cui Giovanni scrive il Vangelo e per i quali egli lo racconta. Essi infatti, dopo i primi entusiasmi, cominciavano a sentire stanchezza e affievolimento.

Oggi vale per noi che, nel vivere quotidiano, potremmo trovarci in situazioni analoghe fatte di stanchezza, di sfiducia, di scoraggiamento, sia dal punto di vista economico e lavorativo, di salute o per problemi vari, sia soprattutto nel vivere la fede in modo fortemente convinto e veramente cristiano.

Allora, cosa insegna l’episodio? Ci riflettiamo.

Alla richiesta di Gesù di poter mangiare, rispondono che non è possibile perché non hanno pescato nulla.

Alla esortazione successiva: “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”, essi obbediscono e conseguentemente: “Non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci”.

È chiaro l’insegnamento!

Da soli, ben poco o nulla possiamo combinare. Potremmo essere grandi organizzatori, potremmo avere molte capacità, potremmo essere forniti di tanti mezzi, ma se manca il contare sul Signore e il pieno abbandono in lui, siamo molto limitati.

In altra precedente occasione analoga, Pietro aveva detto: “Sulla tua parola getterò la rete”; ed anche dopo la moltiplicazione dei pani, nel discorso eucaristico, duro da comprendersi, alla proposta di Gesù di scegliere se fidarsi o meno, sempre Pietro interviene e dice: “Da chi andremo, Signore, tu solo hai parole di vita eterna”.

Per meglio comprendere usiamo una similitudine.

Ogni capacità umana, che potremmo avere, è come uno “zero”. Potremmo mettere pochi o molti “zeri”, l’uno accostato all’altro, ma la somma fa sempre “zero”. Perché possano acquistare valore hanno bisogno che siano preceduti da almeno un “uno”: è tutt’altra cosa.

Abbiamo proprio bisogno di mettere il Signore al primo posto, come l’uno: ed allora quanti più zeri abbiamo, tanto è meglio.

Detto questo è chiaro che, quando ascoltiamo lui, tutto va per il meglio. Ecco, allora, l’importanza dell’ascolto e la piena fiducia nella sua Parola, con la volontà di metterla in pratica.

L’ effetto della Parola è sempre fecondo: “Come la pioggia – dice in altro contesto – non torna a me senza aver fecondato la terra, così è della mia parola…”.

A questo punto c’è da tenere presente un’altra cosa. Ci sono momenti, tempi e modi in cui essa può essere più o meno efficace.

Altro è leggerla per conto personale e altro a livello famigliare o comunitario. Ancor più ha efficacia quando è proclamata nella liturgia con l’assemblea convocata, però a due condizioni:

Primo: che ogni persona presente si ponga in religioso e attento ascolto.

Secondo: che il lettore non semplicemente legga, ma che ne faccia la proclamazione, che la viva nella propria vita, che si ritenga a servizio della medesima, che la proclami sotto l’azione dello Spirito Santo, e che usi quegli accorgimenti necessari per essere veramente strumento del Signore.

Ci auguriamo che sia così la Parola per ognuno di noi e che, come detto, sia ben proclamata da chi è chiamato ad essere canale del Signore.

                             Sac. Cesare Ferri, Rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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