Omelia delle domeniche e feste Anno C
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
18 ottobre 2025 * S. Luca evangelista
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Quarta Pasqua C Buon PastoreTesti liturgici: At 13,14.43-52; Sl 99; Ap 7,9.14-17; Gv 10,27-30

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L’immagine del pastore che guida il suo gregge è una delle metafore più significative che si leggono nel vangelo.

Oggi a noi potrebbe non dire molto, ma per gli israeliti che esercitavano prevalentemente tale mestiere, e quindi per gli ascoltatori di Gesù, era molto significativa ed eloquente.

Esprime una relazione di appartenenza e di fiducia ed anche di reciprocità. Infatti, il pastore è necessario e indispensabile per il gregge che, senza il pastore, non esisterebbe neppure; ma anche il gregge è una ricchezza per il pastore.

Ciò premesso cosa dice a noi, oggi?

Dice che noi apparteniamo a Dio, attraverso Gesù Cristo che si è definito il pastore buono e bello, il pastore per eccellenza: “Noi siamo suo popolo e gregge che egli guida”.

Coloro che, nella Chiesa, chiamiamo pastori sono il suo prolungamento, trasmettono la sua parola, conducono al vero pascolo che porta alla vita eterna.

Noi, come popolo cristiano, senza di lui non esisteremmo. Senza ascoltare i pastori attuali, andremmo fuori strada; ma è anche vero che il Signore, senza di noi, non può compiere meraviglie.

Cosa è richiesto, allora, da parte nostra per ottenere tali meraviglie?

Per poter dire che apparteniamo a Dio è necessario mettere in pratica quanto è espresso con le semplici parole “Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono”.

Dunque, ascoltare e fare la sua volontà!

Consolante, poi, è quello che segue: “Non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano”.

Allora il nostro impegno è essenzialmente quello di non allontanarci dal suo gregge, cioè dalla Chiesa, per nessun motivo al mondo: i lupi rapaci, si sa, sono sempre presenti lungo la strada e cercano di allontanarci dalla retta via.

Ma anche il Signore, dicevo pocanzi, senza di noi non può fare meraviglie. L’episodio ascoltato nella prima lettura ci dice il perché.

Cosa racconta?

Paolo e Barnaba erano ascoltati e seguiti da molti. “Quando videro quella moltitudine – abbiamo ascoltato – i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo”.

Come è vero! C’è qualcosa, nei nostri atteggiamenti, che spesso rende inefficace la grazia di Dio e paralizza in noi tutti gli effetti benefici della sua presenza: la gelosia.

È un sentimento che serpeggia pure nel cuore di tanti cristiani, ed è da qui che nascono le peggiori situazioni: rivalità, invidie e spirito di competizione.

E pensare che questo avviene anche in chi frequenta la chiesa e compie non poche pratiche religiose!

Con tali cristiani Dio non può compiere meraviglie.

Abbiamo anche ascoltato la dichiarazione di Paolo e Barnaba: “Era necessario che fosse proclamata prima di tutti a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani”.

Come è vero!

Persone arrivate dopo ma partite con impegno, potrebbero sorpassarci!

                                  Sac. Cesare Ferri, Rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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