Omelia delle domeniche e feste Anno C
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
18 ottobre 2025 * S. Luca evangelista
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10 Domenica C Vedova di NaimTesti liturgici: I Re 17,17-24; Sl 29; Gal 1,11-19; Lc 7,11-17
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Due episodi analoghi abbiamo ascoltato oggi; due risurrezioni, l’una per opera di Elia, l’altra di Gesù. Quello che dicono queste due persone, lo fanno veramente. Sono segni della visita e della presenza di Dio. Tale presenza può essere accolta, ma potrebbe anche non essere capita e perciò rifiutata.
Come si sono comportate, in merito, le due vedove?
La prima evidenzia un rifiuto: “Cosa c’è tra me e te, o uomo di Dio? Sei venuto da me per rinnovare il ricordo della mia colpa e per far morire mio figlio?”.
L’atteggiamento evidenzia un fatto negativo che potrebbe essere presente anche nei nostri comportamenti in relazione a Dio.
Vi si nota una resistenza e una chiusura nei confronti di un Dio, percepito come violento e vendicativo, sempre pronto a puntare il dito e condannare il colpevole. Se anche noi fossimo in questa categoria, abbiamo bisogno di cambiare l’immagine che ci siamo fatta di Dio.
Anche Gesù non era stato accolto dai paesani, perché non accettavano il suo insegnamento su Dio pieno di misericordia.
Così si mostrava la vedova di Sarepta.
Non così, invece, è la vedova di Nain, come pure sono tutti gli altri che ripetono: “Un grande profeta è sorto in mezzo a noi; Dio ha visitato il suo popolo”.
Hanno compreso la visita di Dio.
Cosa dice a noi?
La vita e la morte, dinanzi ai nostri occhi, assumono tanti significati; eppure attraverso le varie situazioni che ci capitano, dovremmo capire che siamo nelle mani di Dio, il quale agisce con noi secondo la sua immensa e infinita sapienza.
Perché – ci domandiamo - qualcuno termina i suoi giorni molto presto o all’improvviso e qualcun altro vive a lungo?
Sono domande senza risposta. A considerare bene, le letture di oggi ci dicono che Dio ha sempre e per tutti progetti di salvezza e di risurrezione.
Elia, con la sua preghiera e intercessione, ottiene la grazia della risurrezione del figlio della vedova.
Ma non c’è solo questo tipo di risurrezione. Tutti siamo chiamati a pregare e intercedere per una qualche risurrezione, forse meno eclatante, ma non per questo meno importante. Sono le risurrezioni interiori di coloro che vivono nella morte e nel buio del peccato e della lontananza da Dio.
Quale grande risurrezione, ad esempio, quella di Paolo, come abbiamo ascoltato!
Lui stesso racconta: “Perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo… Ma quando Dio mi chiamò con la sua grazia… subito lo seguii”.
Questo ci invita a vivere di speranza. Essa consiste nel credere fermamente che Dio può cambiare in meglio la vita di ogni persona.
Questa è la forza che ci permette di andare avanti e di non abbatterci, quando invece vediamo che le persone che noi amiamo sbagliano o si allontanano dalla retta via.
Ed anche davanti a tanti altri dolori che ci cadono addosso Gesù ripete anche a noi: “Dico a te, alzati!”.
Se riusciamo ad andare avanti, mossi dalla fede e dalla speranza, è segno che anche in noi il Signore ha operato una risurrezione.
Sac. Cesare Ferri, Rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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