Omelia delle domeniche e feste Anno C
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
21 ottobre 2025 * S. Orsola martire
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15 Domenica C Il buon SamaritanoTesti liturgici: Dt 30,10-14; Sl 18; Col 1,1.15-20; Lc 10,25-37
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In tutto il Vangelo di Luca è molto evidenziata la misericordia di Dio. Essa è espressa: nella parabola dei figli di cui uno se ne va di casa e l’altro resta, in quella della pecorella smarrita e della dramma ritrovata, ed anche in questa del buon samaritano.
La parabola risponde alla domanda: “Che devo fare per avere la vita eterna?”.
La vita eterna non è una cosa da venire, ma è già presente, sia pure in germe, nella nostra vita quotidiana: si tratta di accoglierla e di viverci dentro.
Ed ecco la parabola, per spiegare questo.
Come nel padre del figlio che se ne va, vi è visto Dio Padre misericordioso, così qui. Il buon samaritano è sempre Dio che manifesta la sua vicinanza e la sua opera per noi peccatori e per la nostra salvezza.
Egli, nel Figlio Gesù Cristo, scende in questo mondo, si fa prossimo ad ognuno di noi, percorre le nostre strade, vive le nostre situazioni.
Per questo alla fine dirà: “Fai anche tu come ho fatto io, cioè fatti prossimo agli altri”.
Vediamo ora il metodo e lo stile di questo farsi prossimo. Vediamo il comportamento dei quattro personaggi della strada: chi di loro è nel giusto e chi, invece, sbaglia pur credendosi nel giusto.
Il primo.
E’ “un uomo” che ha bisogno di soccorso. Potrebbe essere uno conosciuto o meno, un amico o un nemico, un credente fedele o un non praticante, un ricco o un disgraziato, uno per bene o un delinquente: è una delle tante persone di questo mondo.
Il secondo e il terzo.
Sono “un sacerdote” del tempio (paragonabile a chi fa un servizio strettamente religioso) ed “un levita” con un compito minore, (paragonabile a chi fa un servizio sociale e politico): ambedue tornano a casa, dopo aver svolto il proprio turno di lavoro.
Il quarto.
E’ ancora “un uomo” fra i tanti che è di passaggio e che ha una certa fretta a causa del suo lavoro.
Per meglio entrare nello spirito della parabola, importante è l’inciso “per caso”. Denota una circostanza non prevista e fuori programma, valida per tutti e tre i personaggi.
Ed il “passò oltre”, valido per il secondo e terzo personaggio, come a dire: “Non ho tempo da perdere, non è il mio compito, peggio per lui, poteva stare più all’erta, ho altro da fare, ho fretta”.
Il comportamento dei due, pertanto, potrebbe essere ricondotto ai seguenti motivi che non mancano nella nostra vita: la “fretta” per il da fare; la “paura” di compromettersi; l’”alibi” che fa trovare sempre giustificazioni.
Trasferito più direttamente a noi ed applicato alla nostra vita.
Ci richiama il legame esistente tra la pratica religiosa, espressa con la preghiera, ed il servizio al prossimo, espresso nelle opere di bene a carattere sociale.
E’ un legame imprescindibile; non può esserci l’uno senza l’altro: “La fede senza le opere – dice San Giacomo – è morta”; come pure le opere, senza il soffio dello Spirito, ben poco costruiscono per il Regno di Dio.
Ovviamente, da ognuno è vissuto in modo irrepetibile. In ognuno può prevalere o l’uno o l’altro aspetto, ma non possono escludersi a vicenda.
Nella cultura e nella prassi degli Israeliti l’amore al prossimo aveva dei limiti. “Quante volte devo perdonare?”, chiederà Pietro. Qui il dottore della legge domanda: “Quali sono le persone meritevoli e degne di essere aiutate? Chi è, pertanto, il mio prossimo?”.
Gesù capovolge la domanda: “Il prossimo non è da riferirsi agli altri nei nostri confronti, ma siamo noi che dobbiamo diventare prossimi agli altri”.
E’ proprio quello che ha fatto Dio per mezzo di Gesù Cristo. Davanti a lui nessuno è escluso: egli è morto per tutti, è disposto a perdonare tutti, lo fa per genuino amore, senza interesse alcuno per se stesso.
Noi cerchiamo di imitare questo comportamento?
Sac. Cesare Ferri, Rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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