Testi liturgici: Sap 11,22-12,2; Sl 144; 2Ts 1,11-2,2; Lc 19,1-10
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Ci poniamo subito una domanda: quale immagine noi abbiamo di Dio?
Forse abbiamo bisogno di correggerci da una immagine falsa che ci siamo fatta di Lui.
Forse lo consideriamo come uno pronto a coglierci in fallo, di carattere piuttosto vendicativo, con il dito puntato per giudicarci e condannarci, tanto che a volte diciamo: “Non si stancherà il Signore di perdonarci sempre, visto che i nostri peccati sono sempre quelli?”.
Alcune espressioni, dalla sua parola oggi ascoltata, ci dicono il contrario. Ci dicono che egli è paziente e addirittura chiude gli occhi per non vedere il peccato, nell’attesa del pentimento e della richiesta di perdono.
Ecco le parole precise dal libro della Sapienza: “Hai compassione di tutti, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento”.
Ma nel contempo non approva il peccato e cerca di aiutarci per far capire lo sbaglio. Continua il testo: “Tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato, perché, messa da parte ogni malizia, credano in te, Signore”.
Un eloquente esempio in proposito ci è dato dall’episodio ascoltato, di Zaccheo che incontra Gesù.
Certo che Zaccheo, presso il popolo, non riscuoteva grande simpatia: come esattore di tasse si era arricchito alle spalle degli altri e pertanto era mal visto e veniva giudicato pubblico peccatore.
Avendo sentito parlare di Gesù, spinto dalla curiosità, desidera solo vederlo, senza intenzione di incontrarlo. D’altra parte, il semplice vedere una persona, non è sufficiente per conoscerla in profondità.
Notiamo, poi, che non è Zaccheo a invitare Gesù nella propria casa, come fa qualcuno che invita a tavola qualcuno per aggraziarselo e ottenere favori.
Qui è Gesù che si autoinvita e non lo fa per ricevere, ma per dare.
Ed ecco che, tra la gente, scatta la molla della mormorazione: “E’ entrato in casa di un peccatore!”.
Nel vangelo leggiamo che ci sono state tante altre situazioni analoghe.
Come sempre, anche questa volta, Gesù ribadisce che la salvezza di Dio non può essere imprigionata dentro un sistema religioso (per gli scribi e farisei di allora) o dentro una mentalità chiusa e campanilistica (per noi oggi), spesso condizionati per “quel che dirà la gente” o per quello che dice la gente.
Invece, Dio non manca di entrare nella casa di chiunque lo cerca sinceramente, riempiendo quella casa di gioia.
Zaccheo ora capisce che non sono le ricchezze a stare al primo posto. Capisce che non si possono servire le due realtà: Dio e la ricchezza.
Entra nello spirito della predicazione di Gesù: “Se uno non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”.
Nulla di straordinario scatta in lui. Ed infatti continua a fare il furbo e calcolatore, dicendo che la metà dei beni se la tiene per sé, ed infatti dice: “Do la metà di ciò che possiedo ai poveri”.
Ma nel contempo capisce la disonestà e si converte alla grazia: “Se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”.
E notiamo non tanto quanto ha rubato, ma “quattro volte tanto”.
Non solo esercita la giustizia ma vive la carità condividendo con i poveri una parte di quello che possiede.
Quanto c’è da imparare!
Dovremmo di meno pensare solo a noi e di più a interessarci degli altri, condividendo con loro quanto abbiamo ricevuto dal Signore, sia di beni materiali, sia di intelligenza e capacità naturali!
Sac. Cesare Ferri, Rettore Santuario San Giuseppe in Spicello