Omelia delle domeniche e feste Anno C
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
23 ottobre 2025 * S. Giovanni da Cap.
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Terza avvento C Giovanni BattistaTesti liturgici: Sof 3,14-17; Sl Is 12,2-6; Fil 4,4-7; Lc 3,10-18
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Questa terza domenica di Avvento è definita la “domenica della gioia”. La liturgia ci invita a e ci augura di poter vivere sempre in questa gioia.
Ce lo hanno detto la prima lettura: “Rallegrati, grida di gioia, esulta”. Ed anche la seconda: “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti”.
Per quale motivo questa esortazione di gioia e questo augurio?
Il perché ce lo ha motivato il profeta Sofonia: “Il Signore ha revocato la sua condanna, ha disperso il tuo nemico”.
In questo caso specifico si tratta, per gli Ebrei, della liberazione dalla schiavitù babilonese.
Per noi, invece, si tratta della liberazione dalla schiavitù del peccato per opera di Gesù Cristo, che ha già fatto la sua parte.
Per ottenerla, anche noi dobbiamo fare la nostra parte. Basta volerlo. Si tratta di convertirsi, combattendo contro ogni tentazione.
Andando al concreto, da cosa proviene tale gioia?
Proviene dalla certezza che il Signore è dalla parte nostra, come abbiamo ascoltato: “Non temere, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore in mezzo a te è un salvatore potente”.
Per tale motivo, allora, nella vita sia lontano ogni scoraggiamento!
Nel salmo responsoriale, convinti del fatto, abbiamo cantato: “Canta ed esulta, perché grande è in mezzo a te è il Santo d’Israele”.
Questa verità, che cioè il Signore è con noi, è pure confermata da San Paolo: “Siate sempre lieti! Il Signore è vicino. Non angustiatevi”.
La gioia e la serenità, anche in mezzo alle prove, dovrebbe essere la nota distintiva del cristiano; è una cosa molto diversa dall’allegria che è raggiunta per altri motivi, ma che però non è durevole.
La durevolezza è frutto che proviene dalla fede e dalla speranza. Chi vive in questa fede non si angustia, non si rattrista, e, per di più, diventa amabile: “La vostra amabilità sia nota a tutti”.
E il Vangelo cosa ci dice?
Anch’esso ci dice che dobbiamo convertirci. Però, per convertirci, non basta solo ascoltare, credere e pregare; bisogna anche fare: “Le folle interrogavano Giovanni dicendo: Che cosa dobbiamo fare?”.
La risposta non contiene niente di eccezionale. Si tratta di continuare a vivere nel proprio mestiere, nella propria professione, nel proprio lavoro; ma viverlo con animo e stile diverso.
La gente è soddisfatta della risposta, straordinaria per la sua semplicità, di Giovanni Battista, tanto da pensare che sia proprio lui il Messia che deve venire.
Giovanni interviene dicendo che il riuscirci non è semplice. C’è bisogno di uno più forte di lui.
Si tratta di accogliere uno che non solo amministra un battesimo di penitenza, ma che è capace di rimettere Dio nel cuore dell’uomo; capace di far conservare quello che c’è di buono, distruggendo tutto quello che non vale, come il fuoco brucia e incenerisce la paglia.
Costui non è altri che Gesù Cristo.
Giovanni lo afferma con queste parole: “Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”.
Il “battezzare in Spirito Santo e fuoco” significa la superiorità di Gesù Cristo, che realizza veramente la novità della vita, cosa che nel battesimo di Giovanni era solo un desiderio.
Ebbene, in questo periodo di Avvento siamo chiamati a fare la nostra parte per convertirci, accogliendo degnamente Colui che viene a salvarci.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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