Omelia delle domeniche e feste Anno C
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
25 ottobre 2025 * S. Bonifacio I papa
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Anno C Battesimo del SignoreTesti liturgici: Is 40,1-5.9-11; Sl 103;Tt 2,11-14; Lc 3,15-16.21-22
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Con oggi si conclude il tempo natalizio.
L’espressione chiave che spiega la festa di oggi, è: “Tu sei il figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”.
Il tempo di Natale e dell’Epifania sono serviti per conoscere Gesù, quale luce del mondo; è servito per ottenere la grazia di riuscire a vedere il mistero di un Dio che viene ad abitare in mezzo a noi ed al quale possiamo aprirgli il cuore.
La festa di oggi, invece, vuol introdurci a vivere bene la nostra quotidianità, attraverso un rapporto personale con Gesù.
Per riuscirci, vogliamo paragonarci a quella gente che sta in ascolto di Giovanni Battista. Essa è in attesa del Messia Salvatore, ipotizzando che sia proprio lui, il Battista.
Questa gente ha una forte speranza di vedere il Salvatore, ma nel contempo si sente impotenti.
Dice dentro di sé, come a volte diciamo anche noi: “Speriamo che questa sia la volta buona!”.
A ragione lo diciamo, perché abbiamo avuto tante delusione nella vita.
La speranza di quella gente è buona, ma non è ancora pienamente focalizzata, per cui Giovanni deve spiegare che non è lui la persona che attendono: “Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”.
Anche Gesù si mette in fila alla folla e si fa battezzare in acqua.
Notiamo, però, un particolare, così descritto: “Gesù, ricevuto anche lui il battesimo,se ne stava in preghiera”.
Dunque Gesù inizia il suo ministero nella vita pubblica con la preghiera; questo ci fa fare una riflessione importante.
Se Gesù ha pregato in un momento importante della sua vita, questo diventa un invito per tutti noi.
Non basta aver ricevuto il battesimo. Per rimanere fedeli ad esso dobbiamo fare come Gesù.
Ebbene, il mezzo che ci permette di entrare nel mistero di Dio, trasformando ed elevando la nostra quotidianità, che altrimenti rischia di banalizzarsi, è proprio la preghiera.
Se vogliamo fare grandi cose per Dio, prima di agire dobbiamo imparare a pregare, cioè ad avere un rapporto personale con il Signore: è l’unico modo per poter fare qualcosa di davvero utile per Dio e per noi stessi.
Altrimenti, il rischio è quello di illudersi, compiendo tante opere sia pur buone, ma non l’unica che Dio si aspetta da noi e che, come detto, ritorna a nostro vantaggio.
Se manca questo rapporto, sciupiamo il tempo, non costruiamo nulla di veramente valido, siamo perennemente scontenti.
Se invece viviamo bene il nostro essere battezzati, anche per noi il Padre celeste può ripetere: “Tu sei mio figlio che amo, di te mi compiaccio”.
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Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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