Omelia delle domeniche e feste Anno C
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
18 ottobre 2025 * S. Luca evangelista
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Ritorno del figlioTesti liturgici: Gs 5,9-12; Sl 33; 2Cor 5,17-21; Lc 15,1-3.11-32
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Gesù ha raccontato la parabola, appena ascoltata, in risposta alla contestazione dei farisei che criticavano il suo comportamento di comprensione, di amore e di misericordia verso i pubblicani e i peccatori.
Infatti, i farisei scandalizzati dicevano: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”.
La parabola è conosciutissima, ed è volutamente provocatoria, tanto che non ha un finale, tanto che non si dice come sia andata a finire la vicenda.
Non sappiamo se il figlio maggiore abbia accolto le ragioni del padre, o se sia rimasto nella sua convinzione.
Non sappiamo neppure se il figlio minore abbia compreso il grande dono che gli è stato fatto, quello di avere ritrovato la dignità filiale.
Tutto rimane sospeso ed ogni possibilità è aperta.
Pertanto, viene spontaneamente la domanda sul perché non ci sia una conclusione.
Manca per un motivo ben preciso; perché sta a noi prendere una posizione a favore dell’uno o dell’altro.
Da che parte stiamo? Dalla parte del padre, della parte del maggiore o in quella del minore?
Qualcuno potrebbe stare dalla parte del maggiore, dicendo che così deve essere un figlio: obbediente, lavoratore e non sprecone.
Qualcuno potrebbe stare dalla parte del minore, dicendo che un figlio ha anche una sua libertà, nessuno può impedirgli di usarla.
Qualche altro potrebbe schierarsi dalla parte del padre, dicendo che ha sbagliato a riaccoglierlo; avrebbe dovuto trattarlo più duramente.
Se facciamo questi ragionamenti, significa che non abbiamo capito affatto il significato della misericordia, che è l’attributo essenziale di Dio. Se Dio è definito colui che non può non amare, manifesta tale amore attraverso la misericordia e il perdono; cosa che, ovviamente, raggiunge il suo effetto solo se il peccatore riconosce di aver sbagliato e, di conseguenza, se ne pente.
Se noi pensassimo che la misericordia è qualcosa che bisogna meritare, siamo molto lontani dalle logiche di Dio.
Il padre della parabola, che rappresenta Dio Padre, non poteva non accogliere il figlio. È vero, aveva sbagliato, ma successivamente si era pentito. Il padre, nel rispetto della sua libertà di scelta, aveva continuato ad amarlo anche da lontano, e sinceramente lo attendeva.
Infatti, vedendolo di ritorno, gli corre incontro, lo accoglie gioiosamente, fa per lui una grande festa, gli dà modo di riacquistare la dignità perduta.
Il maggiore, anche se a prima vista sembrerebbe un modello di figlio, in realtà anche lui è un peccatore, anche se di altro tipo. Infatti, non ragione da figlio ma da servo, unisce il padre e il fratello in una unica condanna.
Questo dimostra che non ama sinceramente né padre, né fratello. Non ha nessuna comprensione e misericordia; si arrabbia; non vuole entrare a far festa.
Il padre, che ama veramente anche lui, va a scusarsi, gli spiega le ragioni dell’amore e della misericordia, cosa che vorrebbe esercitare anche verso di lui, perdonandogli l’atteggiamento servile, ma non può esercitarla, perché non riconosce il suo errore.
Noi a quale figlio assomigliamo?
Non certamente al minore, ma, Dio non voglia, potremmo assomigliare anche al maggiore.
Gli assomiglieremmo se facessimo questo tipo di ragionamento: “Io sono una persona per bene; sono un lavoratore onesto, amo la mia famiglia e mi sacrifico per i figli; sono religioso e una persona di fede; prego, vado a messa e mi accosto ai sacramenti; se posso faccio il bene e, comunque, non faccio il male a nessuno”. E così di seguito.
Niente da dire su tali ragionamenti e simili. Ma allora, perché spesso giudichiamo e condanniamo gli altri?
Per di più, a volte diciamo: “Se ci fossi io al posto di Dio, so come trattare certe persone!”
Abbiamo tutti bisogno di acquistare maggiore misericordia!
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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