Testi liturgici: Sof 3,14-17; Fil 4,4-7; Lc 3,10-18
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Il filo conduttore di questa terza domenica di Avvento è il tema della gioia.
Quante volte è stato richiamato!
Ecco alcune espressioni: “O Dio, fonte della vita e della gioia (Colletta); Rallegrati, figlia di Sion (Profeta Sofonia); Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza (Salmo); Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti (San Paolo); Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio (Canto al Vangelo)”.
Quali sono i motivi di tali espressioni, tuttora valide per noi, anche nell’oggi?
Dovrebbe essere chiaro, perché si sta avvicinando il Natale! Ovviamente però, non quello consumistico come praticato dalla maggioranza anche dei cristiani, ma su quello della festa religiosa vera.
Su cosa si basa quanto sto dicendo?
È quello su cui ci accingiamo a riflettere.
Il profeta Sofonia si rivolge alla figlia di Sion, cioè al popolo di Israele che si trova in un momento di prova in quanto esiliato, a seguito della deportazione. Egli dà a questa gente la sicura speranza del ritorno in patria, perché il Signore è in mezzo a loro.
Ed ecco l’espressione ascoltata: “Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un Salvatore potente”.
Ebbene, il Natale è la ulteriore conferma di tutto questo. Come Israele anche noi, per la bontà del Signore, possiamo fare l’esperienza di un Dio che ci libera dal male. Questo lo fa facendosi prossimo a noi, anzi facendosi uno di noi, vivendo in mezzo a noi, tanto da essere definito “Emmanuele”, il “Dio con noi”.
Per tale motivo siamo nella gioia, come abbiamo risposto nel salmo responsoriale: “Canta ed esulta, perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele”.
Nella seconda lettura Paolo non solo lo dice una volta, ma lo ripete una seconda volta: “Siate lieti”, per poi aggiungere che questa gioia: “Sia nota a tutti”.
Il modo con cui viviamo con gioia la nostra vita quotidiana, perché sappiamo che Dio è con noi, è noto a tutti, se ne accorgono gli altri?
Guai se mancasse questa testimonianza; è questo il distintivo del cristiano. Infatti il cristiano, pur facendo esperienza come tutti di eventi gioiosi ed anche dolorosi, rimane in una profonda serenità.
Invece, il mondo che è lontano da Dio, purtroppo, si trova immerso in un tipo di grigiore di vita, proprio per mancanza di speranza: ha urgente bisogno di tale testimonianza.
Il cristiano, se crede veramente al Vangelo, alla “buona notizia” portata e insegnata da Gesù, non può permettersi di vivere senza gioia.
La vera gioia nasce solo dalla certezza che non siamo soli ad affrontare la vita, ma c’è sempre il Signore con noi.
Se viviamo in questo stile di gioia, non è difficile comportarsi anche come insegnato da Giovanni Battista nel brano oggi ascoltato, e di seguito perfezionato da Gesù, con un nuovo comportamento.
Cosa intendo dire?
Giovanni chiede di applicare la giustizia nella vita: dare la tunica a chi non la possiede; non estorcere denaro, ma accontentarsi del proprio salario; dare da mangiare a chi non ne ha. Nulla da dire.
Ma Gesù, a sua volta, fa un salto di qualità. Non si ferma alla giustizia, ma insegna la misericordia: se uno ti dà uno schiaffo, porgi l’altra guancia; se uno ti chiede una tunica, dagli anche il mantello; se uno ti chiede di fare un miglio con lui, tu fanne due.
Sembra che tutto ciò sia molto esigente, che non vale la pena metterlo in pratica. Ma è proprio qui, nel mettere in pratica tale esigenza che saremo raggiunti da tanta gioia e serenità.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello